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Africa: Un nome, una storia

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Africa: un nome, una storia

testo di Nella De Angeli

Africa.
Un nome. Una storia.
Ma si potrebbe anche scrivere: Africa, storia di un nome.
Comunque la si giri, ciò di cui vogliamo occuparci riguarda il nome e la storia dell’Africa.
Perché? La risposta potrebbe essere banale visto che di Africa ci occupiamo, se non fosse legata alla lettura di un testo che ci ha mosso una profonda curiosità. Si tratta di una serie di reportage dall’Africa raccolti in Ebano di cui è autore il giornalista polacco R. Kapuscinski, scomparso di recente. Sul finire dell’opera, di punto in bianco dopo aver narrato della storia dell’Africa indipendente, dei personaggi da lui incontrati, delle esperienze vissute, a volte al limite di un film avventuroso, l’autore scrive: “a parte la denominazione geografica, l’Africa non esiste”. Questa frase, così netta, spoglia, precisa, diretta, immediata sarebbe potuta anche passare inosservata se la negazione non avesse puntato il dito dritto dritto sull’esistenza di un continente chiamato “Africa”.
Esisterebbe dunque un “nome” a rappresentare un territorio, una geografia, ma non esisterebbe l’entità. “Africa” sarebbe sinonimo di un contenitore vuoto!
Prima, dunque, di scrivere il risultato della ricerca che quella citazione ha mosso, vale la pena precisare che l’affermazione di Kapuscinski nulla ha a che vedere con la filosofia del nome, né col nominalismo. Noi, almeno, non ne abbiamo trovato alcun riscontro nelle pagine del libro. Siamo convinti che il giornalista polacco si riferisse all’unitarietà della cultura africana che non è possibile tracciare. Forse lo abbiamo già scritto e, comunque, non è una novità ricordare che la terra d’Africa, prima della conferenza di Berlino, nel 1885, era disseminata da oltre 10 mila regni piccoli e grandi. Il risultato della conferenza che vide Francia e Inghilterra fare la parte del leone nell’accaparrarsi fette cospicue di territorio, fu quello di accorpare entro confini tracciati a tavolino regni esistenti in Africa da millenni, chiudendo tribù e gruppi etnici diversi uno dall’altro in una cinquantina di stati, dominati dai colonizzatori europei.
Esiste, dunque, non una sola Africa, ma migliaia di piccole Afriche che forse è il caso di ri-scoprire. Una visione d’insieme, tuttavia, si rende necessaria.
Innanzitutto va detto che il territorio dell’Africa segue quello asiatico per estensione. E’ incredibile scoprire che dentro i confini africani possono incastrarsi i territori di Cina, Stati Uniti, India e Europa. Ma, a differenza di questi, l’Africa conta solo 800 milioni di abitanti, 100 milioni in più dell’Europa e un terzo rispetto a Cina e India messe insieme. E’ pur vero che la maggior parte del territorio africano, che si estende oltre il tropico del Cancro a Nord e oltre il tropico del Capricorno a sud, è caratterizzata da una condizione climatica arida e semiarida che investe la maggior parte degli stati sia a nord che a sud dell’equatore dominati da deserti, savane e steppe.
Se non è difficile raccontare la storia coloniale degli stati e quella della loro indipendenza, quella del Ghana -primo stato africano a celebrare l’indipendenza nel 1957- del Marocco, della Nigeria, della Tanzania, dell’Uganda, dell’Algeria, del Kenya, della Rhodesia Settentrionale divenuta indipendente col nome di Zambia ecc., è quasi impossibile tracciare una storia dettagliata dei regni e dei popoli che questi territori hanno abitato fin da tempi remoti. L’Africa è, dunque, un gigantesco mosaico i cui tasselli, una parte cospicua di essi, sono stati nascosti dal tempo o cancellati dall’uomo bianco. Un mosaico che ha bisogno di essere restaurato, perché non se ne perdano definitivamente i contorni .
Tra le tante sfide a cui l’Africa oggi è chiamata a rispondere, e i cui contenuti vengono ampiamente descritti e monitorati da esperti che a cadenza annuale si riuniscono ora qui ora là dando vita a incontri internazionali sull’ambiente o sui diritti umani (educazione, formazione, sfruttamento delle risorse ecc.) forse questa rappresenta la vera sfida per l’Africa, la vera sfida per i giovani africani: il recupero delle proprie radici culturali, della propria identità, dell’autenticità delle civiltà antiche. E se è vero ciò che dice Erodoto (IV sec. a. C.) e cioè che di tutte le cose bisogna vedere come vanno a finire, è pur vero anche il contrario e cioè che di tutte le cose bisogna vedere come esse sono iniziate.
L’emozione nel parlare dell’Africa prende spesso il sopravvento e ci porta lontano dalla via maestra. Cerchiamo, quindi, di recuperare il filo del nostro argomento tornando alla primitiva ricerca sull’origine del nome Africa.
Quando si imposta un lavoro sul “nome”, non è difficile scontrarsi con religioni, filosofie e filosofi che, rispetto al nome, hanno assunto posizioni molto divergenti l’una dall’altra. Si può leggere, alla maniera platonica, del nome che esprime la natura stessa delle cose, ma anche del nome che è svuotato del suo valore intrinseco e trasformato nella semplice articolazione del suono. Nel caso del nome di Dio, per esempio, si arriva addirittura alla venerazione del nome, essendo esso legato in maniera sostanziale a ciò che viene nominato. Il Tao (la Via), nel taoismo, è, invece, al di là delle parole, al di là di ogni comprensione, in quanto esso esisteva prima delle parole e dei nomi, prima del cielo e della terra. E di esempi se ne potrebbero fare ancora molti. L’importanza di inoltrarsi in questi studi è la possibilità di incontrare personaggi che l’ “Africa” hanno conosciuto e raccontato fin da tempi antichissimi anche se le attribuivano un diverso nome.
Dagli scritti di Ecateo (Mileto, V sec. a.C.) si apprende che l’allora concezione del mondo era dominata dall’idea che esso fosse formato da due continenti: Asia e Europa. Nell’Asia rientrava anche l’Egitto che rappresentava una sorta di appendice dell’Asia stessa. Solo un secolo dopo, si cominciò a parlare di un terzo continente chiamato Lybia. Da questo momento prevalse, sia nella cultura greca e poi in quella romana, l’idea del mondo diviso in tre parti, divisione che Erodoto, primo testimone dei popoli libici, riteneva illogica oltre che inutile poiché sosteneva che la terra fosse da considerarsi in maniera unitaria. In un’opera di autore incerto intitolata Divisio Orbis Terrarum si legge infatti: orbis dividitur tribus nominibus Europa, Asia, Lybia vel Africa.
Lybia o Africa a dimostrare che il nome Africa sta soppiantando quello più antico per prenderne definitivamente il posto. E’ con i Romani che il nome Africa, indicante la parte nord-occidentale del continente con cui erano in stretto contatto, arrivò a sostituire il nome Lybia. E sempre dai Romani, a partire dalla III guerra punica (146-45 a.C.), vennero fondate in “Africa” diverse province: africa vetus, africa nova (45-27 ac.) comprendente parte dei territori occupati attualmente da Algeria, Tunisia e Libia e africa proconsularis (27 a.c. -193 d.c.).
Da altri scritti, veniamo anche a sapere che il territorio intorno a Cartagine era abitato dagli “Afri" (al singolare Afer) e il mare che separava Cartagine dalla Sicilia era il mare africum. Non dimentichiamo che Scipione (vissuto tra il II e il I secolo a.C.), nominato console e inviato a combattere contro la stessa Cartagine, fu soprannominato africano.
Sallustio Crispo (I. sec. d.C.) nel bellum iugurtinum, dove è raccontata la guerra combattuta dai romani contro Giugurta, re di Numidia (attuale Algeria) nel 111-105 a. C. cita il mare africum.
Da allora il nome Africa non verrà più sostituito nonostante i confini di questo continente si venivano ad allargare ad ogni nuova esplorazione: dai fenici, ai greci, dai romani agli arabi, fino ai moderni viaggiatori europei.
Da qui è tutta un’altra storia. Non più la storia di un nome. (n.d.a.)



Divieto, anche parziale, di riproduzione
(articolo pubblicato sulla rivista AFRO, dall'Africa sull'Africa)



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