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Lo spirito dell'acqua
Ghana: misterioso universo delle mille credenze
Testo di Nella De Angeli
"Solo colui che ha visto, può raccontare".
E' con questo proverbio Nzema, popolo stabilito nella parte sud-occidentale del Ghana, che proviamo a iniziare un racconto su questo paese. Proveremo a farlo con un linguaggio chiaro e semplice e lontano da quell'idea di complessità che è il "parlare per proverbi" tanto diffuso tra gli Akan, il maggiore gruppo etnico stanziato nella zona centrale e sud-occidentale del Ghana, a cui, tra l'altro, sono imparentati gli Nzema.
I proverbi sono importanti perché ci portano dentro la Storia, quella che gli antenati trasmettono, attraverso dei rituali, agli anziani. Gli unici autorizzati a raccontarla. Ma non a chiunque. Proverbi e riti che ci introducono, inoltre, nel complesso tema della spiritualità e della cosmologia tradizionale, pervasa da credenze a tal punto radicate che diviene impossibile comprendere questo paese prescindendo dal suo patrimonio orale.
Poi c'è l'altra storia: inizia prima del periodo coloniale ed è tuttora in corso. Con questa storia c'è anche la religione, o meglio la storia delle religioni che sono penetrate entro i confini del paese.
Spiritualità-religione. Due poli che non possono condividere l'equidistanza dall'anima. Alla spiritualità non si può assegnare un valore numerico; le religioni, ci sembra, possono essere collocate su una scala merceologica con la loro percentuale, mutevole a seconda del mercato, nel suo binomio di domanda/offerta.
Partiamo allora da questa scala per analizzare i dati riferiti alle religioni presenti in Ghana, gli unici che, apparentemente, danno l'idea di qualcosa di certo.
Prima di procedere, è utile precisare che lo scrivente non ha intenzione, né interesse -religioso, politico o economico che sia- a stabilire una gerarchia tra le religioni. Semmai vuole mettere in evidenza la resistenza delle credenze tradizionali, di fronte ai credo sopraggiunti insieme a missionari, esploratori e colonizzatori, nel corso dei secoli. Sono le religioni tradizionali a essere sopravvissute e ad aver resistito alle religioni "altre", cristiane o musulmane che, in questa parte dell'Africa che si affaccia sul Golfo di Guinea, ricercavano e ricercano nuovi adepti, per salire i gradini della scala a cui si è fatto riferimento.
La prima cosa che balza agli occhi di fronte a questi dati numerici è che essi sono, spesso, discordanti. L'elenco delle religioni riconosciute, presenti in Ghana sarebbe lungo. Concentriamoci pertanto sulle maggiori. Alcune fonti assegnano al cristianesimo il quadruplo degli adepti che conta l'animismo; altre, al contrario, mettono quest'ultimo al primo posto e collocano l'islamismo quasi al pari delle religioni tradizionali. I leader islamici riferiscono che il 30 per cento della popolazione è devota alle tre principali correnti dell'Islam, il governo ghanese fornisce, sulla stessa materia i suoi dati: 16 per cento. Le stesse fonti governative sostengono che il 69 per cento della popolazione pratica varie religioni cristiane, tra cui cattolica, metodista, anglicana, mennonita, presbiteriana, luterana, avventista ecc.. La restante parte della popolazione, un 10 per cento circa, è devota ad altre religioni come buddismo, induismo, scintoismo, rastafarianesimo, religioni tradizionali e religioni proprie del Ghana che hanno mescolato elementi islamici e cristiani.
Tutto questo in un paese che conta 22 milioni di abitanti, di cui 4 nella sola Accra.
La domanda che sorge spontanea riguarda proprio tali dati: tengono, essi, conto del fatto che chi pratica religioni cristiane ha mantenuto elementi della religione indigena nelle pratiche quotidiane? Di quel 69 per cento cristiano, quale percentuale andrebbe ad aggiungersi a quella riferita alle religioni tradizionali?
In Ghana, la venerazione per gli antenati è la caratteristica fondamentale delle religioni tradizionali. Essa rappresenta il collegamento col mondo spirituale e gli antenati sono ritenuti molto vicini ai vivi, di cui osservano tutte le azioni. A volte si reincarnano per restaurare la discendenza. E' per questo che la sterilità è considerata una grande sfortuna poiché impedisce agli antenati di tornare in vita. I sacerdoti tradizionali, inoltre, hanno nelle comunità ghanesi una grandissima importanza. Essi, proprio come dottori, sono in grado di guarire quelle malattie che hanno la loro origine nei mali spirituali, malattie portate da spiriti maligni. I lori occhi vedono più degli altri, riescono a contemplare oggetti del mondo spirituale. Questo potere viene ai sacerdoti durante le cerimonie di iniziazione, allorquando nei loro occhi sacerdoti più anziani fanno gocciolare particolari liquidi a base di erbe. Ciò che accade, ad esempio, nella cerimonia di iniziazione per divenire adepti della dea Mami Wata, benevola dea del mare. Ma i sacerdoti sono custodi di molte divinità: da quelle ancestrali a quelle delle erbe e delle piante medicinali.
Se volessimo trasformare il Ghana in un grafico rappresentante le religioni avremmo: un parallelo principale che separa, e non idealmente, la zona a maggioranza cristiana -il centro sud- da quella a maggioranza islamica -il nord- alcuni altri paralleli minori per le altre religioni e una cospicua serie di meridiani come testimonianza dei rituali tradizionali.
Il numero dei meridiani risulterebbe da una somma: numero degli dèi minori che risiedono nei ruscelli, nei fiumi, nelle piante o nelle montagne e che i ghanesi continuano a venerare quali intermediari tra l'uomo e il Dio Supremo -Nyame per gli Akan, Mawu per gli Ewe ecc.- al quale non si può arrivare direttamente; numero di spiriti, di antenati, oppure di stregoni, che hanno rinsaldato la devozione nei loro confronti e che hanno mantenuto nel corso dei secoli la loro influenza sugli eventi della vita. E' come se esistesse un giuramento di fedeltà tra le famiglie e le comunità nei confronti della propria Storia.
Il grafico? Un reticolo fittissimo di meridiani che attraversa i paralleli simbolo delle religioni maggiormente dichiarate e riesce a imprigionarli nelle loro maglie, negandogli l'esistenza, senza la loro esistenza.
Stupirsi, dunque, se nessuno del villaggio è disposto ad accompagnare il viaggiatore alla cascata Boti, prima che scenda il crepuscolo? E' vietato dallo spirito dell'acqua. Chi vuole tradire questi ordini? La risposta ha un gusto retorico. Qualcuno lo ha fatto, ma di loro si conosce la storia. Non perché essi stessi l'abbiano potuta raccontare, nessuno è riuscito vincitore dalla sfida con gli spiriti, ma perché essa è stata tramandata da una generazione all'altra. E' il sapere degli antenati tramandato per secoli. Le cascate Kintampo, invece, sono precluse il venerdì, il giorno in cui Afìa, "nata di venerdì", lo spirito femmina, potrebbe essere vista mentre fa il bagno.
Non si può nuotare né bagnarsi nella piscina che raccoglie l'acqua della cascata "femmina". E' un rischio. Anche in questo caso chi ha sfidato lo spirito non è più tornato a galla. Così come non è più tornato al villaggio chi si è inoltrato nella foresta nonostante il divieto. Già, perché gli dèi minori, questi intermediari tra il mondo degli uomini e il mondo spirituale abitano ovunque e sono sempre all'erta. Nulla può sfuggire loro.
Ma i divieti non sono rivolti soltanto alla gente comune. Essi riguardano anche i ministri degli dèi. La dea del mare a cui abbiamo fatto cenno, Mami Wata, una dea benevola e disposta a venire in soccorso dell'Umanità, ad esempio, vieta ai suoi ministri di fare sesso il venerdì e la domenica. Chi non rispetta questa regola, perde il contatto fisico con lei.
Ma la Storia che la tradizione orale tramanda non è un mero fatto del passato. Il passato vive nel presente e con esso cambia. E' per questo che certi divieti imposti in un tempo passato dagli antenati, in altre epoche sono stati superati. E' stata l'intermediazione degli anziani con gli spiriti a fare in modo che questi accettassero offerte sacrificali una volta all'anno - montoni, galletti, uova, olio di palma, noci di cola, caolino, bevande superalcoliche - di contro alla possibilità della comunità di percorrere, ad esempio, le acque di un lago con imbarcazioni a motore piuttosto che con i soli tronchi di legno.
Nessuno dimentica, pertanto, di portare offerte agli spiriti dell'acqua o a tutti quegli spiriti che abitano l'acqua, siano essi una lumaca oppure un'antilope. Ogni giorno, se necessario, si portano offerte, uova o frutta, al fine di operare una riconciliazione con gli dèi. Spiriti ovunque a permeare le attività del quotidiano. Poco importa se si è appena usciti da una chiesa cattolica, apostolica, luterana, presbiteriana, e se abbiamo sentito parlare di profeti, miracoli e parabole o addirittura di eventi apocalittici che nuove sette pubblicizzano per far breccia sui fedeli.
Da dove viene tanta devozione nei confronti dell'acqua, in Ghana? I fiumi Nukanbe (White Volta), Mouhoun (Black Volta), Oti, Sene, Afram, Tano Ankobra, ecc.. i laghi naturali come Bosumtwi o le numerose cascate che interrompono il corso dei torrenti, gli stagni e le lagune che si incuneano come dita tra un villaggio e l'altro hanno guadagnato la stessa devozione che gli antichi popoli insediati sulle rive dei fiumi Nilo, Tigri, Eufrate, Indo riconoscevano a questi corsi d'acqua? Fin dall'antichità gli uomini hanno considerato l'acqua simbolo della rinascita, elemento purificatore, origine del mondo, in alcune culture.
Qui, in Ghana, l'acqua è al centro della cultura di molte tribù. Essa è non solo utile alla vita quotidiana, ma è il simbolo di una mediazione esistente tra il mondo degli uomini e quello spirituale. Si pensi ai rituali in cui l'acqua è l'elemento preponderante: la nascita, la morte, le cerimonie religiose. Gli spiriti dell'acqua sono venerati il più delle volte in luoghi sacri, attraverso l'intermediazione di un sacerdote. A volte essi sono soltanto invocati perché diano la protezione a chi trae dall'acqua il sostentamento per vivere.
Il dio del mare, che gli Akan chiamano Bosompo, riceve ogni anno dai pescatori offerte sacrificali perché dia abbondante pesca e li protegga quando si avventurano tra le onde dell'Oceano. Il giovedì è il giorno a lui dedicato, perciò i pescatori non sfidano il mare.
La sacralità dell'oceano resiste. Quella di molti stagni, laghi o lagune si sta perdendo.
A questo proposito c'è un interessante studio di Sandra B. Greene (Sacred Sites and the Colonial Encounter). La domanda posta fin dal prime righe dello studio è questa "[…] what historical events have allowed the ocean to maintain its identity as a sacred place among Anlo*, and why have the ponds of Anloga and the Keta Lagoon lost that aura of spirituality?" - quali eventi hanno consentito all'oceano di mantenere la propria sacralità tra gli Anlo, di contro alla perdita <di sacralità> a cui sono andati incontro gli stagni di Anloga o la laguna Keta? <distretto di Keta, regione del Volta>
Interessante perché in esso sono analizzati i fattori -ruolo della colonizzazione, influenza dei missionari, sviluppo post-coloniale, cambiamenti ambientali, nuove tecnologie ecc..- che hanno influenzato sia "a series of forgettings" che "a continued vitality in certain memories and meanings".
I più anziani ricordano quanto, in questa regione in cui domina l'acqua salata, fossero venerate le fonti d'acqua dolce, quanti e quali tabù e proibizioni governassero la vita di uomini e donne e il loro accesso a tali risorse. La laguna Keta, principale risorsa di sale e pesce, nonché via di comunicazione, casa di divinità rispettate nel passato, oggi vive in uno stato di abbandono. Gli uomini più anziani attribuiscono questa decadenza al comportamento dei giovani e al loro rifiuto di credere nel potere degli dèi. Giovani ragazze, si legge nello studio, si recano nei boschi e nei luoghi sacri e lì abortiscono. In questo pantano morale, come possono le divinità dimostrare la necessità della loro presenza?
Non è erroneo notare come, anche in Ghana, spiritualità e credenze tradizionali siano oggi sotto scacco rispetto all'esigenza sentita dai più giovani di "modernizzare" (?) la propria società.
Ciò nonostante, è ancora possibile leggere la presenza di un aspetto spirituale e di uno religioso che pervadono molte attività del quotidiano ma si mostrano a livelli di visibilità diversi: poco visibile il primo e di gran lunga percepibile l'altro. Così come è difficile assistere a cerimonie durante le quali il feticista entra in contatto col mondo degli antenati o quando si eseguono rituali per cacciare i demoni sconosciuti e penetrare i segreti dei rituali di queste genti, tanto più semplice è constatare quanto il nome di Dio attraversi davvero il quotidiano e, forse, lo determini.
Benché si possa tacere sulla descrizione delle insegne religiose che sovrastano le chiese e promuovono ora l'una ora l'altra corrente del cristianesimo, non possono passare inosservati i passi della bibbia che, ormai, si trovano dappertutto, dalle insegne sugli autobus a quelle dei negozi, dalle scuole alle librerie, dai taxi ai grandi supermercati :"God with us", "God blessed us" "God is great" " Lord is my sheperd" ecc...
Qual è oggi il valore che, in Ghana, viene attribuito al nome del Dio cristiano? Una valenza che si è spostata pian piano verso l'elemento economico superando quello spirituale?
La tradizione, almeno nelle aree rurali e remote, resta più o meno salda, ha radici troppo antiche per essere divelte completamente. La religione sembra seguire le leggi del mercato.(nd.a.)
* Anlo: dialetto della lingua Ewe, nella regione del Volta, che identifica anche la popolazione che ne fa uso (n.d.t.).
Ringraziamenti: Ethiopian Airlines, Ghana Tourist Board (Accra, Ghana), Cospe, Ghana Coop
Bibliografia: M. Ravanello, Il segreto degli Antenati, 2007
Sandra B. Greene, Sacred Sites and the Colonial Encounter
Koji Asave Opoku, West African Traditional Religion
K. Apom Darkwy, Festivals of the Gods
Divieto di riproduzione, anche parziale, del testo.
Articolo pubblicato sulla rivista AFRO, dall'Africa sull'Africa